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Viaggi di Goethe (parte2)
In Italia Goethe trovò nuova vitalità e nuovi impulsi per lo spirito. L'Egmont, il Tasso, L'Ifigenia e il Faust (opere i cui protagonisti sono palesemente alter ego del poeta, e che diedero inizio alla cosiddetta età classica di Weimar), devono parecchio al suo viaggio "italiano"; e soprattutto al suo soggiorno a Roma, dove lui fu ospite del pittore Tischbein.
Sul ritratto fattogli dall'amico Goethe in der Campagna di Roma, scriverà: "E' un bel dipinto, ma troppo grande per le nostre ristrette abitazioni nordiche. Di certo tornerò a rifugiarmi lassù, e non ho nessun posto dove poter situare il quadro." (Italiänische Reise, 29 dicembre 1786)
In Italia, il trentasettenne "Volfango" non era propriamente alla ricerca dei tesori dell'arte rinascimentale o del Barocco, ma di una specie di palliativo alla Grecia, qualcosa che gli servisse da balsamo per la sua "mid-life crisis". Roma fu la tappa che soddisfò più di ogni altra questa sua esigenza. Oltre a frequentare Tischbein, nella caput mundi Goethe divenne amico dello scrittore K. Ph. Moritz e della pittrice (allora celebre) Angelika Kauffmann. Sul ritratto che gli fece la Kauffmann (1787-88), annotò: "Angelika mi dipinge, ma non ne esce un bel nulla. Le secca non poco che il volto ivi raffigurato non abbia alcuna somiglianza con il mio. È di sicuro è un bel personaggio, ma di me nessuna traccia".
In Italia Goethe poté trovare la via per lo stile classico della maturità: Iphigenie, Torquato Tasso, il dramma Nausikaa (rimasto incompiuto). Ma l'opera più direttamente legata al Belpaese rimangono le Elegie romane (1788-90, pubblicate nel 1795), una serie di dialoghi immaginari con i grandi cantori dell'Amore: Tibullo, Properzio, Catullo.
Venezia, 28 settembre 1786.
Era dunque scritto sulla pagina della mia vita, nel libro del Destino, che io, la sera del 28 settembre 1786, alle ore cinque secondo i nostri orologi, viaggiando lungo il Brenta e raggiungendo le lagune, dovessi subito scorgere questa meravigliosa città insulare, e posarvi il piede per visitare la "repubblica di castori"....
...Dirò solo poche parole sul mio itinerario da Padova fin qui. Il viaggio sul Brenta, su una nave a servizio pubblico in compagnia di persone davvero a modo, è risultato comodo e piacevole: fra di loro gli italiani sono cortesi e pieni di riguardi. Le rive del fiume sono costellate di giardini e ville; si vedono piccoli villaggi che sorgono quasi sul corso d'acqua, che per lunghi tratti è rasentato da una strada molto animata.
Trento, Verona, Padova, Venezia, Bologna, Perugia... e più tardi Napoli e la Sicilia.
Nella Città Eterna il poeta giunge dopo aver dedicato alle bellezze di Firenze appena tre ore. "C'è una sola Roma al mondo, e io mi ci trovo bene come un pesce dentro l'acqua, e vi galleggio così come una palla di cannone galleggerebbe sul mercurio, mentre in qualsiasi altro liquido essa colerebbe a picco. Niente offusca l'orizzonte dei miei pensieri, fuorché il non poter condividere la mia felicità con quelli che amo. Ora il cielo è stupendamente sereno, solo al mattino e alla sera scende su Roma un po' di nebbia. Ma sui colli, ad Albano, a Castelgandolfo, a Frascati, dove la scorsa settimana trascorsi tre giorni, l'aria è costantemente pura e limpida. Là si può studiare una natura differente."
Un parco diventa "una vera e propria selva: alberi e sterpi, erbacce e tralci crescono a capriccio, seccano, cadono, marciscono. Il luogo antistante l'ingresso è molto bello: un'alta muraglia chiude la valle, una cancellata lascia penetrare lo sguardo e subito comincia il pendio del colle in cima a cui sorge il castello". (Genzano, Palazzo Chigi.)
Tuffandosi nell'ambiente classico e nella rigogliosa natura del Mediterraneo, Goethe si sentì rinascere. Viaggiava sotto falso nome perché non voleva essere riconosciuto. Dopo undici anni da ministro a Weimar, la situazione politica dei luoghi che andava visitando non sembrava interessarlo minimamente. In Italia desiderava solo rilassarsi e fare qualche settimana di vacanza. Invece, vi sarebbe rimasto ben due anni! Un periodo che lo segnò profondamente: dopo il suo ritorno a Weimar, egli non fu più un uomo politico, ma uomo di lettere, filosofo, ricercatore, studioso.
"Gli stranieri sono lo specchio migliore in cui possiamo riconoscere noi stessi."
(Lettera a Charlotte von Stein, 9 settembre 1793)
Questo "fuggiasco del Nord" arrivò a entusiasmarsi per il Palladio, eppure a Verona non pensò nemmeno di andare a visitare la tomba di Giulietta, interessandosi invece per l'Arena - autentica reliquia romana. A Venezia non ebbe quasi nulla da raccontare su San Marco e sul Palazzo dei Dogi... ma vi fece un'esperienza completamente nuova e straordinaria: per la prima volta in vita sua, vide il mare.
Articolo di Peter Patti (peterpatti.geo@yahoo.com) tratto dal suo sito "Goethe"
www.eloyed.com/goethe.htm
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